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Immagine del redattoreAngela Marino

Cosa vuol dire essere madre d'anima: il legame speciale tra Francesca, Marie e la piccola Rossana

Aggiornamento: 12 nov 2023

Francesca Viola è un’attrice teatrale e scrittrice, vive a Ravenna e non avrebbe mai immaginato di diventare la protagonista di un’intervista sui nuovi modelli di famiglia. Poi però ha fatto una cosa incredibile, è diventata la seconda madre di una bimba ivoriana di due anni. Tutto è iniziato con quella chiamata: “c’è un’urgenza, una giovanissima mamma e la sua bimba hanno bisogno di supporto", quando aveva appena terminato il corso per diventare genitore affidatario. Nella sua vita, grazie a un progetto del Centro per le Famiglie e dei Servizi Sociali, sono entrate Marie e sua figlia Rossana. Dovevano restarci tre mesi, ma tra Francesca e Marie è nato uno straordinario legame di fiducia e rispetto, così hanno deciso di non lasciarsi e di unire le forze per crescere insieme Rossana. Due madri per una bimba che ogni giorno lotta per conquistare un pezzettino di un futuro che non è scontato. Alla base di questa alleanza, un legame che non prevede gelosie o protagonismi, ma solo la generosità di mettersi da parte, quando necessario, per far entrare l’altra. Alle spalle, operatori sociali illuminati, che hanno saputo aggiungere, laddove sarebbe stato più facile togliere.

Francesca, dopo aver parlato a lungo con te di operatrici sociali, madri, amiche, figlie, devo arrendermi a scrivere quella che si dice ‘storia al femminile’. Dove sono gli uomini?

Sullo sfondo. C’è il papà di Rossana, che vive e lavora in un’altra città e il mio compagno, Davide. Io e lui ci siamo trovati qualche anno fa, lui ha due figlie adulte. Per questo, quando questa avventura è iniziata, mi ero proposta di fare il percorso da genitore affidatario da sola. Davide, però, ha voluto sostenermi e devo dire che il suo supporto mi ha dato la forza di affrontare i momenti più difficili da quando Rossana è entrata nelle nostre vite.


Parlami di Marie e Rossana

Rossana ha due anni e mezzo, è arrivata a casa nostra all’età di dieci mesi. Marie ha compiuto da poco ventisei anni, sono entrambe cittadine ivoriane, anche se Rossana è nata in Italia e in Africa non ci è mai stata.


Qual è la cornice burocratica e giuridica di questa co-genitorialità?

Marie detiene la patria potestà insieme al babbo di Rossana, io e Davide figuriamo come ‘famiglia di sostegno’.


Che vuol dire?

Vuol dire che non sono state messe in discussione la capacità genitoriali (ottime) della sua mamma, con cui vive o del suo papà che è lontano, ma la loro condizione ha delle criticità logistiche che richiedono il supporto esterno.


Puoi spiegarmi quali?

Hanno avuto diverse emergenze abitative. Marie è arrivata in Italia a diciassette anni, è

stata accolta da una struttura madre-figlio che in seguito ha dovuto lasciare, restando senza alloggio. Anche il suo percorso lavorativo ha avuto dei momenti di stop. Serviva un sostegno per i momenti delicati.


Oggi però voi siete di fatto una famiglia sola. Non avrebbe dovuto essere temporaneo il vostro supporto?

Sì, anche se molti affidi sfociano in adozioni, il carattere dell’affido è temporaneo. Rossana è arrivata quando avevamo appena finito il corso per genitori affidatari. C’è stata questa urgenza, c’era questa mamma molto giovane che non aveva appoggi familiari, quindi non sapeva a chi affidare la bimba durante l’orario del tirocinio lavorativo che doveva portare a termine. Ci hanno chiesto se eravamo disponibili e dopo una settimana è arrivata Rossana.




E come è andata?

L’inserimento è stato un po’ strong, non ci sono stati i tempi per una gradualità che probabilmente si sarebbe osservata in altri casi. L’impatto è stato impegnativo sia per me che per Marie, che per Rossana. La bambina ha pianto tutti i giorni, io mi sentivo fallimentare, non sapevo come placare quella disperazione. Però, è stata solo una settimana. Passata, le cose sono andate. Anzi, diciamo che mentre i primi giorni io pensavo di essere pronta a fare un’esperienza temporanea così breve, devo dire che dopo un paio di settimane ho iniziato a dire a Davide che non me la sarei sentita di salutare questa bambina.

Come vivevi la prospettiva della separazione? Della presa in carico di un altro bimbo?

C’è stato un periodo di crisi che nei mesi è diventato più profondo, anche perché la conoscenza con Marie era ancora superficiale. Il carattere temporaneo dell’esperienza dell’affido ha scardinato abbastanza le mie certezze. Per fortuna si è creato un rapporto talmente profondo anche con Marie che alla fine dei tre mesi l’idea di lasciarci è sfumata. Sono stata io stessa a chiedere a lei “come faccio se mi propongono un altro progetto, un altro bimbo in difficoltà?”. E anche lei si è trovata nella stessa condizione. Si è rinsaldata in entrambe la necessità di portare avanti l’esperienza, di non lasciarci.


Poi è arrivato per tutti un momento di grande difficoltà

Dopo questi tre mesi Marie ha dovuto affrontare un’emergenza molto pesante, si è ritrovata senza casa. Doveva lasciare quella struttura, non ce n’erano altre disponibili. Si è ritrovata per strada da un momento all’altro, noi non l’abbiamo mollata un secondo e siamo riusciti a risolverla non so nemmeno come. Le abbiamo trovato un appartamento e si sono appoggiate lì, poi si è liberato un posto nella struttura in cui vivono ora. È stata davvero la manna dal cielo, perché ha portato finalmente un equilibrio, si sono potute sistemare con una stabilità che prima non avevano.


Questo è stato per voi il momento peggiore?

È stato tremendo, perché a un certo punto si è paventata l’ipotesi di mandare la bambina dai nonni, in Africa.

Hanno detto a Marie: “l’andrai a prendere quando avrai un lavoro”, perché in quel momento non l’aveva. Io e Marie abbiamo temuto che se fosse andata in Africa nessuno di noi l’avrebbe più vista. Io stavo malissimo perché Marie era straziata, l’idea che le portassero via Rossana la atterriva. Non ti nascondo che anche adesso stiamo attraversando un momento di criticità perché il permesso di soggiorno di Marie è in scadenza, lei ha fatto un altro percorso lavorativo che si è interrotto. Stiamo lavorando per rinnovare il permesso, sperando di non avere problemi.


Qual è stato il momento più bello?

È stato proprio in quei giorni, quando Rossana si è sistemata in struttura ed è stata presa all’asilo nido. Per me il primo giorno di scuola è stato il giorno più bello. L’ho accompagnata, col suo zainetto con la scritta Rossana, sono uscita, mi sono seduta sul muretto della scuola e finalmente ho pianto e mi sono detta: “ho vinto”. Ho visto il futuro che volevo dare a questa bambina


Marie ti ha accolta subito? Non ha vissuto alcuna competizione con la tua figura? Marie è africana anche nel mondo di intendere la famiglia. Io credo che un’altra donna, una donna italiana, non mi avrebbe accettata in maniera così inclusiva e con tanta naturalezza. Loro non hanno quella gelosia e quel senso di possesso che probabilmente ha una mamma italiana. Certo, anche Marie ha dei momenti - soprattutto quando Rossana piange e chiede di me o quando vado via e fa delle scenate - in cui la sua condizione di madre la porta a ribadire un primato naturale, innato. Poi però ha questa mentalità legata alla cultura in cui si accetta sostegno per crescere i figli. Anche nella struttura dove vive si aiutano tra madri a crescere i bimbi. Hanno costruito una rete molto bella, molto funzionale.


Pur essendo nata in Italia, Rossana è cittadina africana

Sì, anche se è nata qui ha la cittadinanza ivoriana. Con il permesso di soggiorno di Marie, scade anche quello di Rossana. Questo è un controsenso della legge italiana che fatico a comprendere. Lei in Africa non ci è mai stata, non sa neanche come sia.


Come sta crescendo Rossana?

Rossana è una bimba molto indipendente, la invidio molto perché è assolutamente libera dal bisogno di conferme e di approvazione, questo mi affascina tantissimo. È molto carismatica, lo vedo a scuola. Gli altri bambini la cercano tantissimo perché lei, lo si vede che è indipendente, è una bambina che sa di poter contare su se stessa. È forte.

Chi vigila su di voi e sul benessere di Rossana?

Giuridicamente noi risultiamo famiglia di sostegno. Siamo passati attraverso il Centro per le famiglie e i Servizi sociali, facciamo riferimento a loro e ci teniamo a farlo, anche per avere delle tutele. Io e Marie non volevamo lasciarci, hanno visto che questa combinazione funzionava, perché in effetti, nel nostro equilibrio folle, siamo una ditta che funziona, quindi questa partnership è stata rinnovata. La patria potestà è dei genitori, noi siamo delle figure di riferimento, molto solide, ma a livello emotivo, non giuridico.


Tutto bellissimo, ma anche molto precario, a pensarci Mi dà un senso di incertezza, non te lo posso nascondere. Di sicuro alla base di questo rapporto c’è una grande fiducia reciproca. Marie mi concede con sua figlia una libertà d’azione enorme, si fida ciecamente di me io le accordo la fiducia di non decidere un giorno di non farmela più vedere. C’è un patto reciproco di alleanza molto forte. Alla fine, la mamma di Marie, in Africa, ha un anno meno di me, quindi forse anche Marie, a sua volta, mi ritiene madre. Lo dico sempre, la nostra famiglia è un po’ una matriosca sentimentale, apri una bambolina ne vengono fuori mille.


E la rete intorno a voi? Chi vi accompagna?

A scuola, per esempio, possiamo contare su delle maestre eccezionali. Per la festa della mamma i bambini hanno fatto tanti pesciolini e Rossana ne ha fatti due, uno per la sua mamma e uno per la Franci. Loro sono state particolarmente illuminate, ma anche i servizi sociali. Siamo abituati ad associarli a situazioni tragiche, ma bisogna capire che non sempre è così. La nostra assistente sociale, per esempio, è molto empatica. Una volta al mese facciamo una riunione d’equipe, dove ci siamo io, Marie, l’assistente sociale, spesso Rossana e c’è la responsabile della struttura dove abitano Marie e Rossana, che è una persona speciale, una rivoluzionaria. Noi siamo questa squadra qua, tutta al femminile.


Spezziamo una lancia a favore degli uomini? Dai

Devo dire che Davide è molto bravo, ho capito che era subito amore quando li ho lasciati sul divano e sono tornata dopo poco. La bambina non piangeva e guardavano insieme il Milan, mi sono detta: questi si amano. Rossana lo adora perché lui è quello con cui si gioca. Al di là di tutto, senza di lui non avrei retto nei momenti peggiori.


Parliamo del mondo intorno a voi, suscitate più amore o più diffidenza?

Sicuramente non passiamo inosservati, sicuramente destiamo curiosità. Noi siamo immersi in una realtà di provincia, a volte, mi dispiace dirlo, avverto dei pregiudizi da parte delle persone. Le persone pensano: “è una moda, quella della famiglia allargata, fa radical chic”. E poi c’è un pochino di razzismo, purtroppo, lo noto ancora, del tipo “Oh che carina la negretta”. Rossana è Rossana, indipendentemente da qualsiasi connotato fisico o etnico.


Tutti ti avranno chiesto come ti considera Rossana

Sì, spesso mi chiedono, Rossana come ti considera? Una zia? Una madre? Un’amica? Io sono la Franci e lei sa che io ci sono. Anche Marie lo sa e si appoggia a me ed io sono felice di indirizzarla e di vederla poi andare avanti da sola, meravigliosamente. Marie impara in frettissima e questo mi dà enorme soddisfazione. Lei è qui da quando era una ragazzina, non ha avuto una madre che la guidasse, così in molte cose, spesso pratiche, sono io a darle un’impostazione.


Cos’è per te la maternità?

Non ho avuto figli prima di incontrare Rossana e Marie, ma non è certo per soddisfare una maternità mancata che ho iniziato questo percorso dove so che devo stare sempre un passo indietro o quanto meno di lato, senza depotenziare la madre. Mi chiedo se una donna con un’idea più canonica di maternità, al posto mio soffrirebbe. Per me è molto soddisfacente, ma io sono sempre stata abbastanza fantasiosa nel mio creare i rapporti. Avevo un’idea di famiglia grande, sono figlia unica e ne ho sofferto tantissimo, avevo bisogno di avere intorno delle persone, tante facce, allegria. Per me il sangue è potente, ma la mente lo è di più, le mani lo son di più. Dove non arriva il sangue, arriva il cuore, la mente.


Prima di morire Michela Murgia ha voluto presentare al mondo la sua famiglia queer, fatta di rapporti non biologici, di legami scelti, di mutua assistenza, più che di sentimenti e amore. Ti riconosci in questo modello?

Io vedo molto concreto il modello di famiglia proposto da Michela Murgia, soprattutto nel momento in cui ha reso istituzionali certi ruoli perché aveva bisogno di mettere le decisioni sulla sua vita nelle mani di un altro. Trovo rivoluzionari i suoi pensieri e grazie a lei ho scoperto la tradizione sarda della maternità d‘anima. E ho scoperto, probabilmente, la definizione che mi mancava, l’ho trovata nelle madri d’anima sarde.


Per la serie, è l’amore che definisce i rapporti, non la burocrazia

Mi ritrovo rispecchiata in questa assenza di definizioni, essere un po’ oltre, uscire un po’ dai bordi, come coi bambini che non riesci a farli colorare dentro le linee, io sono sempre stata quel tipo di bambina lì. Però, deve passare il concetto che non c’è della trasgressione in tutto questo, è tutto più normale, tutto meno urlato. A Natale, andiamo dai miei genitori, con la mia nonna, tutti insieme, Davide si veste da Babbo Natale. Come tutti.

Khalil Gibran diceva che i genitori non sono altro che l’arco che lancia i figli verso il domani. Verso quale futuro vorresti proiettare Rossana?

Qualcuno potrebbe pensare che il mio sogno sia legato a un’idea di inclusione totalizzante. No, io ho il senso del merito, bisogna essere all’altezza della fortuna, delle cose, del destino, Sicuramente la vorrei lanciare in un futuro di gentilezza, rispetto. A Marie ho chiesto di permettermi di farla studiare, per me lo studio è il mezzo per sfuggire a un futuro che, per lei, era già scritto. Lo studio come rottura di ogni catena di predestinazione. Non penso a lei, nel futuro, come una ragazza africana integrata, vorrei che fosse UNA ragazza, al di là di ogni ghettizzazione. Ho già parlato con Marie del fatto che mi piacerebbe che a diciotto anni Rossana potesse prendere il doppio cognome e godere dei miei diritti di cittadina italiana. Ma è presto, al momento godiamo di quello che abbiamo. Insomma, io speriamo che me la cavo.




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