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Immagine del redattoreAngela Marino

Filippo Turetta e quella confusione tra vittima e vittimismo

Il procuratore Bruno Cerchi ha ricordato che al processo in corso si giudicherà Filippo Turetta, non il fenomeno femminicidio, quasi a voler disinnescare la portata di aspettative e attenzione del pubblico rispetto alla sentenza. Se questo è vero, dobbiamo però fare attenzione: corriamo il rischio di trasformare l'imputato, oggetto di riprovazione e rabbia per i gravissimi fatti accaduti, nella vittima. Se accadesse, saremmo di fronte all'ennesimo ribaltamento dei ruoli. Nessun vuol far scontare a Filippo Turetta le colpe di tutti i femminicidi d’Italia, nessuno vuole caricarlo di responsabilità collettive. Le sue, sono più che sufficienti.



“Il processo deve accertare la responsabilità personale, i processi non si fanno ai fenomeni sociali”, ha detto il procuratore della Repubblica, Bruno Cherchi, parlando del dibattimento che vede imputato Filippo Turetta per l'omicidio volontario pluriaggravato di Giulia Cecchettin. Un modo per dire che a processo ci va il cittadino Filippo Turetta, non il patriarcato. Mi hanno colpito queste parole, perché, è vero, Cecchettin- Turetta è più di un caso di cronaca, è un caso studio, un caso da manuale di sociologia. Un fenomeno che fa dell'imputato Filippo Turetta, l'incarnazione del 'figlio sano del patriarcato'. Il suo volto, quello ambiguo dell'ex fidanzato che si trasforma in assassino.


Siamo oltre la cronaca, siamo nell'iconografia. È vero, sì, lo riconosco, ma stiamo attenti a non lasciare che questo fornisca un alibi, una giustificazione, un pretesto vittimistico a chi in queste ore si è confrontato, dopo averla sfidata, con la Giustizia. Cogliete la differenza: è successo tutto questo a causa di Filippo Turetta, non a suo danno. In questo processo di trasfigurazione lui è stato il regista e l'attore principale. E se oggi riveste questo ruolo, è per sua responsabilità, non certo per accanimento gratuito dei media o dell’opinione pubblica.


Ricordiamo i fatti. Perché è stato questo sciagurato climax di eventi a catalizzare l'attenzione su di lui, sconosciuto studente.  L’11 novembre 2023, dopo settimane di asfissiante controllo, Filippo Turetta tendeva una trappola all’ex, Giulia Cecchettin. Dopo un'innocua cena l'aggrediva in un parcheggio di Vigonovo, a coltellate - 75 - con in macchina l'armamentario per il suo piano. Dopo averla massacrata la gettava in un dirupo come spazzatura, per darsi alla fuga.


Noi, intanto, passavamo i sette giorni successivi a cercare Giulia Cecchettin, scomparsa, augurandoci che fosse stata “solo” sequestrata dall'ex che si era reso irrintracciabile con lei. Il 18 novembre successivo il suo corpo veniva ritrovato nell’anfratto di un bosco in Friuli. Choc, rabbia, dolore, fine delle speranze.

Filippo Turetta veniva fermato la sera stessa, in Germania, sorpreso dalla polizia con l'auto a secco di benzina in autostrada. Ancora sette giorni dopo veniva estradato in Italia. Il 2 febbraio successivo, Gino, Davide ed Elena Cecchettin ricevevano la pergamena di laurea che avrebbe dovuto ritirare Giulia il 16 novembre, quando ormai giaceva già tra i rovi del bosco.


Tutto il Paese ha vissuto momenti di in ansia e terrore per la vita di Giulia Cecchettin e ha seguito ogni aggiornamento della vicenda, ha incassato il trauma della scoperta. Tutto il Paese ha letto e commentato. Ma è stato Filippo a tendere l’agguato a Giulia, è stato Filippo a massacrarla, è stato ancora Filippo ad abbandonare il corpo e a fuggire. È stato lui, non siamo stati noi. È stato lui a lanciarsi alla ribalta delle cronache con le sue azioni criminali, lui a offrirsi alla riprovazione con i suoi gesti violenti, lui, non Giulia. Non noi. È stato lui a chiamarci a guardare, lui a coinvolgerci, non eravamo spettatori dell'orrore. È stato lui a sconvolgerci, ferirci, traumatizzarci. In tribunale non ce lo abbiamo portato noi, ci è andato da solo.

Lui, non noi, lui.


Siamo tutti parte lesa, come lo siamo ogni volta. E dobbiamo ripartire da qui, ribaltare questa narrazione tossica e distorta che colpevolizza le vittime e giustifica gli autori di reato, per cui adesso è Filippo Turetta la vittima della ferocia di media e opinione pubblica. Ma no. Non c'è nessuna dispercezione, sappiamo che Turetta non è un fenomeno sociale, è un individuo, un imputato, che risponderà delle sue azioni. Ma è proprio questo il punto. Nessun vuol far scontare a Filippo Turetta le colpe di tutti i femminicidi d’Italia, nessuno vuole caricarlo di responsabilità collettive. Le sue, sono più che sufficienti.

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