Che cosa sia successo nella mente di Giulia Lavatura, la donna che a Ravenna si è lanciata dal nono piano con la figlioletta e il cane, sopravvivendo lei sola, è scritto nella prognosi della malattia: disturbo bipolare. La sospensione della cura farmacologica, il delirio, il proposito suicidario, tutto rientra nel 'decorso' di una delle fasi della malattia. Ma lo scopriamo all'indomani della tragedia, perché, tra stigma e disinformazione, di salute mentale si preferisce non parlare. Cronaca di una tragedia prevedibile eppure inesorabile.
Vincere la stretta allo stomaco, che si aggroviglia e si accartoccia, quando si pronuncia il nome di Giulia Lavatura, non è cosa semplice. È, come spesso capita a chi scrive di cronaca nera, una violenza. Eppure non si può chiudere gli occhi di fronte all’abisso senza senso di questa tragedia. Perché qui il patriarcato, la violenza, il veleno delle relazioni tossiche non c’entrano, qui si parla di malattia mentale, punto. Si parla di una donna di età media che viveva, integrata, nel tessuto della società, che era madre per statuto naturale e madre perché in grado di esserlo, già che nessuno ha mai messo in discussione la sua responsabilità genitoriale. Giulia Lavatura, 41 anni, ingegnere, madre di Wendy, moglie di Davide, aveva dei disturbi psichici riconosciuti e in trattamento. "Una persona per bene", hanno detto di lei i vicini; "sensibile, comprensiva, paziente", l'ha definita una studentessa a cui teneva lezioni private. Un quadro, pur nell’ambito della malattia mentale, grave, ma controllabile e controllato.
A Giulia era stato diagnosticato un disturbo bipolare, da dieci anni era monitorata dal Centro di Salute Mentale di riferimento, era in terapia farmacologica. Eppure, per due volte era stata sottoposta al trattamento sanitario obbligatorio. Chi vive con una persona portatrice di malattia mentale lo sa: dopo il TSO, si prosegue o si aggiorna il protocollo di cura, ma si torna alla vita di prima. E allora si è andati avanti, convivendo con quel demone che ogni tanto si affacciava, ma spesso lasciava a Giulia e alla sua famiglia lunghi momenti di normalità. Poi è successo qualcosa di imprevisto, Giulia ha sospeso la farmacoterapia, a suo dire, su indicazione medica, cosa questa che sarà presto verificata. E lo ha fatto in segreto, perché sapeva che i suoi familiari si sarebbero opposti. Chi vive con una persona portatrice di disturbi psichici sa che è molto frequente anche questo. E cosa è successo? È successo che ha aspettato il momento favorevole, di primo mattino, lo scorso 8 gennaio, mentre suo marito ancora dormiva, ha preso con sé Wendy, la figlioletta di sei anni, Jessie, la cagnolina di famiglia, e si è lanciata dal ponteggio del nono piano nella sua casa di via Dradi, a Ravenna. Nello schianto sono morte Wendy e Jessie. Ferita gravemente, ma non in pericolo di vita, Giulia.
Questi sono i fatti. Che cosa sia successo nella sua mente non è difficile da decifrare, è scritto nella prognosi della malattia. Il cantiere infinito che ingabbiava casa sua, le questioni economiche, il rapporto con suo padre, quello con suo marito, tutto nella dimensione di Giulia, dopo la sospensione dell'assunzione del farmaco, stava diventando gigante, mostruoso, deforme, tanto da farle temere per sua figlia e il suo cucciolo che lei - oggi sembra assurdo e crudele dirlo - voleva proteggere. Proprio come accadde Viviana Parisi, la mamma del Messinese che nell'agosto del 2019 prese con sé il figlioletto Gioele e lo caricò in auto per una fuga che si concluse con il ritrovamento dei loro cadaveri, nel bosco di Caronia, alcune settimane dopo. Due madri, due disturbi, due gesti tragici che nelle intenzioni di coloro che li hanno compiuti dovevano essere salvifici. Oggi Giulia Lavatura è accusata di omicidio pluriaggravato e uccisione di animale.
Il suo avvocato chiede la non imputabilità, di sicuro c’è solo che verrà trasferita in una struttura sanitaria non appena sarà dimessa dall’ospedale Bufalini. E se la terapia psichiatrica riuscirà a restituirle la lucidità, allora comincerà la vera pena cui quello che ha fatto la condanna. Pena che in misura uguale, toccherà purtroppo anche alla famiglia che, incolpevole, sta già pagando. I familiari di Giulia stanno affrontando in queste ore il duplice attacco dell'opinione pubblica e dei media. “Stiamo vivendo un incubo, siamo perseguitati dai giornalisti, vogliono spettacolarizzare il nostro dolore” dicono a una persona vicina dalla famiglia, mentre sui social si sprecano insulti e maledizioni contro di loro.
Vorrebbero, vorremmo, per esorcizzare la paura, poterci raccontare che a noi non succederebbe, perché saremmo attenti, vigileremmo, non lasceremmo mai una bambina di sei anni nelle mani di una madre malata. Tutto questo però, non è vero. Nessuno aveva sollevato un pregiudizio riguardante la responsabilità genitoriale a livelli legali e amministrativi, nel caso di Giulia Lavatura, sebbene, come Viviana Parisi anche lei temesse di venire allontanata dalla figlia. Nonostante tutto, forse proprio per l'ormai maturato proposito suicidario, la condizione di Giulia sembrava gestibile. Forse, avendo già deciso, lei faceva in modo di non destare allarme. E in pochi minuti, è cambiato il mondo. Può succedere a tutti, ma noi preferiamo odiare, maledire e criticare, piuttosto che convivere con questo incubo.
Perché più paura e più orrore della malvagità, fa la malattia mentale.
L'esperta: "Cos'è il disturbo bipolare, come può degenerare, cosa fare"
Di Luisa D'Aniello, psicologa e criminologa investigativa
I disturbi bipolari prevedono degli stati di fortissima depressione alternati a degli stati di attivazione maniacale. Immaginiamo: è come se nella loro mente ci fosse un interruttore che accende e spegne la luce. Quando è spenta non c'è, non esiste e quando si accende probabilmente la luce è troppo forte. Nel caso specifico di Giulia Lavatura, in uno sprofondamento di assoluto distacco dalla realtà è maturato il proposito di togliersi la vita e in questo assetto delirante sono rientrati chiaramente anche gli affetti, la figlioletta e il cane. Solo il caso ha deciso che fosse solo una figlicida, anziché una suicida-figlicida.
Nessuna delle persone vicine ai pazienti psichiatrici può sentirsi responsabile di quello che accade, non sempre è possibile contenere, prevedere e arginare le reazioni che un paziente così grave può avere. Le responsabilità, eventualmente, vanno ricercate in eventuali imperizie mediche nell'indicazione della terapia. Perché proprio la sospensione dei farmaci, in questo caso, ha determinato la condizione delirante, di totale distacco dalla realtà, che ha avuto come esito i fatti che conosciamo. Chi vive con pazienti che hanno delle patologie psichiatriche è sotto sforzo, spesso, addirittura, a rischio di burnout. In più quello che avviene nel disturbo bipolare è molto complesso perché il disturbo prevede delle oscillazioni potenti del tono dell'umore. È importante riconoscere alcuni segnali di allarme che possono anticipare lo scompenso. Per esempio, bisogna mantenere alta l'allerta quando si manifesta lo stato di euforia. Questo stato di benessere, segue in genere uno stadio depressivo ed è totalmente circoscritto e fittizio, ma fa in modo che il soggetto neghi il problema, propendendo per la sospensione del farmaco che in qualche misura tende a mitigare lo stato di benessere. È proprio in questa fase che può scaturire l'escalation che conduce allo stato maniacale. Perché quando e se si arriva a una condizione di questo tipo, i pazienti sono a rischio suicidio. E tale situazione può determinare quello che è accaduto.