Dopo 28 anni il Gip assolve l'unica indagata, Annalucia Cecere, per il delitto di via Marsala, ovvero il cruento assassinio di Nada Cella, uccisa a 24 anni con un oggetto mai ritrovato nell'ufficio del commercialista per cui lavorava a Chiavari (Genova), nel 1996. La cugina Silvia: "Abbiamo conosciuto la parte peggiore della giustizia, Nada è stata uccisa una seconda volta". "Quel giorno? Arrivò in pronto soccorso massacrata, i medici non capivano nemmeno di che colore avesse i capelli, ho visto la sua mamma letteralmente battere la testa al muro". "Oggi? Potrebbe salvarci la testimone anonima, che si faccia avanti".
Mi parleresti di quel 6 maggio 1996?
Quel lunedì lavoravo. Intorno a metà mattinata mi raggiunge un mio collega che aveva la radio accesa e mi chiede "Nada Cella è tua cugina, vero?" "Sì, gli dico" e mi fa: "Guarda che è stata aggredita". Ho cercato subito mio marito che era carabiniere a Santa Margherita Ligure, che prontamente ha chiamato in caserma a Chiavari chiedendo delucidazioni. Poi mi ha richiamata e mi ha detto: "C'è bisogno che tu vada dal capitano dei carabinieri di Chiavari perché vuole sentirti". Io ero basita, quasi a bocca aperta. Sembrava di essere in un film, era tutto irreale.
E cosa ti chiesero i carabinieri?
Sono andata, ma non sapevo nulla di quello che fosse successo. La prima domanda del capitano dei carabinieri è stato, lei sapeva? Era a conoscenza delle difficoltà che aveva Nada, al lavoro?
Intanto Nada era in ospedale
Sì. Mia zia, l'aveva vista, immagina la scena, era massacrata. Quando è arrivata all'ospedale di Lavagna i medici non sapevano neanche di che colore avesse i capelli. Mia zia l'ho vista battere la testa contro il muro, letteralmente. E non capivamo, non riuscivamo a capacitarci di cosa fosse successo.
Quand'è che realizzaste l'accaduto?
Quando siamo tornati a casa. Lì abbiamo incominciato a fare i conti con il fatto che lei non c'era più. Quella mattina, Nada aveva lasciato sul letto, un Bikini pronto per essere indossato, perché nella pausa pranzo probabilmente intendeva prendere il sole dal terrazzo. Era lì ad aspettarla. Ricordo che rientrando a casa con mio marito, lui mi disse: "Questo caso o lo si risolve in 48 ore o è difficilissimo" e così è stato.
In quelle famose 48 ore che cosa è emerso?
Si è puntata l'attenzione sul lavoro. Non mi sembrava reale. Sì, magari uno può avere delle discussioni, dei disguidi, ma, un omicidio e un omicidio.
Ripensiamo alla dinamica. Nada vittima di un atto violento nello studio del commercialista Marco Soracco, la madre di lui intenta a pulire il sangue
Non è normale, pensandoci, che di fronte a una tua dipendente con cui lavori da cinque anni che sta male, tu non pensi di chiamare i suoi genitori, che non pensi di salire sull'ambulanza con lei e accompagnarla al pronto soccorso. Non è normale che il pensiero sia quello di ripulire per i clienti che sarebbero arrivati di lì a poco.
In famiglia cosa sapevate della sfera personale di Nada? Era una ragazza che si confidava? Parlami di lei
Era una ragazza in gamba, molto solare, spiritosa. Amava i fiori, le piacevano tantissimo i tulipani. Era tanto, tanto, tanto riservata, tanto che neanche sapevo che avesse problemi sul lavoro. Ne aveva parlato a casa, alla mamma aveva detto che voleva andarsene. E mia zia le diceva: "ma su Nada cosa dici?". Sdrammatizzava, come avremmo fatto tutti.
Che genere di problemi erano?
Aveva questa grossa difficoltà a rapportarsi col datore di lavoro e non voleva più andare a lavorare. Questo è emerso dal suo diario. C'era una sorta di antipatia nei confronti di Soracco e sicuramente incompatibilità e quindi faceva fatica a lavorare otto ore tutti i giorni insieme. Il senso del dovere l'ha tenuta lì, intanto lei cercava altro, era molto concreta, prima di licenziarsi voleva avere delle certezze.
Era una antipatia ricambiata, per quello che ne sapevate?
So solo che un giorno arrivò a casa un mazzo di fiori senza biglietto e lei ipotizzò che fosse da parte di lui, dunque non direi, non credo.
C'era altro che non vi tornava?
Non ci tornava che insieme all'ambulanza non fosse stata chiamata la polizia. La pattuglia credo sia partita su segnalazione dell'ospedale, nel momento in cui Nada è arrivata al pronto soccorso e da lì è partita una telefonata dei medici che hanno detto: "Andate un po' a vedere, perché se questa ragazza è caduta, è caduta dal terzo piano".
Cosa sapevate dell’indagata, Annalucia Cecere?
Assolutamente nulla. Non esisteva per noi. Ho saputo oggi che c'è un articolo su di lei che risale al ‘96, quando probabilmente è entrata e uscita dall'indagine, ma Nada non ha mai detto nulla di lei. Quando ho sentito il suo nome sono caduta dal pero, proprio non sapevo chi fosse e neanche mia zia.
Nella prospettiva investigativa che hanno preso le indagini si è ipotizzato un omicidio per gelosia
Forse, se devo immaginare uno scenario, posso immaginare che soffrisse la figura di Nada.
L'avete mai incontrata?
Mai. Io non ho ricordo di questa ragazza, a Chiavari.
E dopo, l'avete mai incontrata?
No, peraltro lei si è trasferita a Boves.
Cosa c'è contro di lei?
Tanti indizi. Naturalmente il più importante è quello che ha aperto tutto: la questione dei bottoni ritrovati in una perquisizione a casa di dell'indagata, bottoni che sono identici a quello che era stato trovato sotto il corpo di Nada.
E poi la telefonata anonima
Sì, quella della donna che chiamò la signora Bacchioni, la mamma di Soracco e descrisse l'indagata sporca di sangue, dopo il delitto. La direzione è una, è univoca.
Perché ha avuto così poco peso questa testimonianza?
Ce lo chiediamo in tanti. Oggi stiamo cercando attraverso appelli social, di ritrovare la testimone o, se non fosse più in vita, di risalire a lei attraverso parenti o amici cui può aver fatto una confidenza.
Ritenete che qualche elemento non sia stato valutato adeguatamente?
La testimonianza da parte di una signora disabile in carrozzina che vide l'indagata, sporca e agitata. Quando la descrisse disse che era alta più o meno un metro e 70, l'indagata è alta uno e 60 e quindi questa testimonianza non è stata presa in grande considerazione. Però non è stato considerato il fatto che la signora era seduta in carrozzina e aveva percezione diversa dell'altezza delle persone.
Cosa non ha funzionato delle indagini di 28 anni fa?
Sicuramente non c'è stata comunicazione tra polizia e carabinieri.
Sono passati tanti anni, avete mai avuto la sensazione che Nada fosse stata dimenticata?
Lo credevo, ma mi sbagliavo. Vedo una partecipazione che per è me incredibile da parte di Chiavari e dell'opinione pubblica nazionale. Sì, mi scalda il cuore e lo scalda tanto a mia zia.
Cosa avete provato durante l'ultima udienza in cui è stato deciso il non luogo a procedere per il giudizio? Dopo 28 anni finalmente sembravate vicini a una verità
Il dolore è stato veramente forte. È come se Nada fosse stata uccisa un'altra volta. I suoi nipoti che non l'hanno mai conosciuta e non hanno vissuto la sua morte, beh, l'hanno vissuta venerdì l'altro. Devo dire che la giustizia ha perso. Probabilmente ne abbiamo conosciuto la parte peggiore.
Ve l'aspettavate?
Avevamo fiducia nel gran lavoro della Pm, non eravamo preparati. È stato un giorno terribile per noi e credo per tutta la procura.
Cosa accadrà ora?
Come famiglia non possiamo più fare niente. È la procura che deve presentare ricorso e lo valuterà nel momento in cui arriveranno le motivazioni.
Staremo a vedere
Spero in bene per mia zia, che nonostante gli 81 anni, è sempre piuttosto combattiva.
Non so come faccia, perché io penso che al suo posto sarei in psichiatria. Lei è incredibile.
Quale sarebbe un risultato moralmente giuridicamente accettabile?
Un processo. Sarebbe la cosa migliore sia per l'accusa che per la difesa. Qualunque sia l'esito.